Il racconto de “La trilogia di mezza via”

Dal caro Louis un racconto da Polverina.

La Trilogia di mezza via…..aspettando il solstizio d’inverno
L’intermezzo di questa trilogia di mezza via sta volgendo verso la fine. Sono le 05.22 di un mattino che si preannuncia bello, intenso e sereno; nel buio della stanza si illumina la tastiera del caro IPad, sincero custode di pensieri incamerati in uno spazio virtuale che sa tramutarsi in essenza eterea. Fin da subito, discernimento o comprensione delle cose e situazioni viene messa alla prova. Lo strumento è ormai divenuto fido compagno di ventura, come fosse pennello o scalpello, nei momenti bui o felici. In questo attimo viene facile di pensare in modo sconnesso e senza un meta precisa. Talvolta sopraggiunge un pò di panico, non tanto per il buio o il silenzio perché loro sanno dare voce all’immenso inespresso del percepire in lontananza sino a cercare quella completezza onnipresente nel fluire delle situazioni. Questo bislacco ragionamento, se portato alle estreme conseguenze, porta a pensare che la vita si sublimi nel finire o nell’ascesi ad una dimensione superiore. Questo buio ammanta anche se non vi sono stelle e luce. Nel silenzio è il respiro di Sperello a fare compagnia come fosse battito di un tempo scandito. Si sa ognuno di noi è figlio del tempo in cui si trova e dello spazio di vita che gli si prospetta innanzi, del cosmo di relazioni e vissuti creati. È l’alternanza di luce e buio, di suoni e silenzi, di colori e bianchi, di pieni e vuoti più o meno definiti a risvegliare i moti dell’anima di ciascuno di noi. Già diamo una accezione metafisica a queste due dimensioni quella percepibile dai nostri sensi e misurata con le conoscenze acquisite sino ad oggi e quella che va oltre il detto e l’immediato. D’altronde ognuno di noi lo fa cercando di comprendere la dimensione fisica dei processi e delle relazioni, la loro chimica che si nutre dei più disparati ingredienti. Però, alla fine miei cari, credo che la misura di questo nostro stare insieme, del perché il fato ci abbia portato qui, del quanto e dove ci possa portare questo viaggiare fra le onde dell’incompreso, alla fine dipenda dalla curiosità di ciascuno, dall’essenza del nostro essere un pò bimbi rispetto alla vastità delle dimensioni che sono altro da noi. Credo che questo aspetto non sia facilmente misurabile perché fuori dagli schemi, certo si può leggere di storie e racconti vicini e lontani, calpestare luoghi incantati dalla purezza del bianco che pulisce l’aria ed ammanta. Si può stare mano nella mano per attimi e cercare di entrare in una dimensione tra l’onirico, il giocoso e lo spirituale. Si può cercare di creare le condizioni camminando insieme e di lasciarsi andare all’incontro tra persone di per se speciali perché hanno deciso di stare qui in questo preciso momento. Ma alla fine dare una misura di tutto ciò è direi impossibile. Si può però chiosare dicendo che tutti con il loro modo di rapportarsi con il proprio mondo di relazioni sono solidali e consapevoli di aver trascorso un momento di rilassata e riflessiva atmosfera ricca di bellezza e spiritualità. Questo non è forse misurabile con i canoni della scienza ma credo sia condiviso da tutti i partecipanti a queste due intense giornate fatto di cammino, arte, cultura e tradizione in cui anche il cibo, il racconto, l’ascolto, la musica e le arti varie l’hanno fatto da padrone. E non mi sembra poco in questi anni bui e senza prospettiva e visione di futuro. L’immagine degli Appennini fonte e fulcro di nuova energia mi sembra un buon inizio anche se siamo immersi di esempi dalla delicata immagine come quella Camerino sventrata dalla naturalità del terremoto. D’altronde, anche noi visitatori siamo, ciascuno a modo nostro, inconsciamente alla ricerca di una risposta rispetto al disastro “innaturale” dettato dai tempi attuali e voraci che forse ha perso la loro strada maestra. Oggi qui l’abbiamo in parte ritrovata. Grazie a tutti Voi per questo bel sentire e pensare anche se talvolta non del tutto ridente e spensierato.

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